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22.03.2024
- 7 min
- Energia

I signori delle dighe

Al primo posto c’è sempre la sicurezza. Ed è per questo che l’attività di sorveglianza e di controllo delle opere di sbarramento si svolge 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questa enorme responsabilità grava su 18 guardiadighe, suddivisi in quattro squadre coordinate da Oswald Mairhofer, che fa questo lavoro da oltre 35 anni.

In quanto responsabile, si occupa della programmazione dei turni di lavoro sulle dighe e di tutte le esigenze dei suoi collaboratori. Insieme alla sua squadra ha anche la responsabilità del controllo e della manutenzione degli ulteriori impianti della Val d’Ultimo: opere di presa, condotte di adduzione, gallerie in pressione e centrali. Le opere di sbarramento soggette all’attività di sorveglianza interessano cinque bacini: il lago di Alborelo (800 m s.l.m.), il lago di Zoccolo (1.100 m s.l.m.), il lago di Fontana Bianca (1.900 m s.l.m.), il lago Quaira (2.200 m s.l.m.) e il lago Verde (2.600 m s.l.m.). Data la sua limitata capacità, per il lago Pesce che si trova a 2.050 m s.l.m. si effettua un controllo visivo di norma ogni quindici giorni. La produzione media annua degli impianti ammonta a circa 390 milioni di kilowattora. Ciò significa che circa l’8% dell’energia idroelettrica prodotta in Alto Adige proviene dalla Val d’Ultimo – quanto basta per approvvigionare circa 85.000 famiglie.

galleria

I turni sono piuttosto impegnativi. Un turno dura 24 ore: 8 ore per l’attività di sorveglianza e controllo, seguite da 16 ore di servizio di reperibilità. Dalle ore 17.00 la sorveglianza è assunta dal Centro di Telecontrollo di Cardano, che in caso di una segnalazione di avaria allerta immediatamente il guardiadighe responsabile, che verifica il problema ed eventualmente interviene per eliminarlo. Se poi ci sono da svolgere anche i controlli settimanali o mensili, organizzati in modo differente da diga a diga, il turno può durare anche 32 ore.

Nei giorni feriali la giornata lavorativa inizia alle ore 8.00. Nei fine settimana invece alle ore 6.30, per dare la possibilità ai colleghi che escono dal turno di organizzarsi la giornata libera con la famiglia. Al mattino tutte le squadre si ritrovano a Santa Valburga per il consueto briefing per poi dirigersi sui propri luoghi di lavoro. Alcune dighe sono raggiungibili in auto; quelle più in alto solo con la funivia. Prima di poterla utilizzare, bisogna però effettuare i dovuti controlli: una prova di funzionamento al 50% della velocità, le verifiche sulle funzioni di base e sui circuiti di sicurezza. I controlli vengono effettuati quotidianamente, per evitare che si verifichino incidenti. Una volta in cima si fa il cambio turno e solo allora il turnista uscente scende dalla montagna, in quanto la sala quadri deve sempre essere presidiata. Raggiunto sano e salvo il fondovalle, ne dà poi conferma al collega. Il lavoro di squadra e la solidarietà sono fondamentali: dopo tutto si passa più tempo con i colleghi che a casa.

Un guardiadighe deve avere adeguate conoscenze tecniche, capacità di resistenza per affrontare i lunghi turni lavorativi e lavorare nelle dighe situate più in alto, una buona forma fisica per spalare per ore la neve in inverno e, soprattutto, non deve temere la solitudine, che può durare per giorni. Può capitare che il telefono non funzioni a causa delle cattive condizioni meteorologiche, e quando non si può utilizzare neppure l’elicottero ci si ritrova completamente tagliati fuori dal mondo esterno. Serve anche un po’ di abilità culinaria: la vita nelle case dei guardiani prevede infatti anche dei lavori domestici, tra cui fare le pulizie e cucinare. Le case dei guardiani comprendono solitamente la sala quadri, un locale tecnico, una cucina, un soggiorno, un bagno e le camere da letto, una per ogni guardiano. Negli alloggi c’è comunque sempre una razione di emergenza a cui attingere in caso di permanenza non prevista o più lunga del normale.

Spesso l’unica compagnia durante i turni è l’ululare del vento. Beh, ogni tanto passa anche una martora oppure una volpe. A proposito: un collaboratore di Alperia, ora in pensione, è riuscito ad addomesticare una volpe che alla fine passava sempre all’ora dei pasti.

Adesso in ogni casa dei guardiani c’è una connessione in fibra ottica con la rete internet, anche a 2.600 m di altitudine, così ci si sente un po’ meno isolati. In estate passano anche i turisti e alcuni fanno domande curiose sulle dighe e sul lavoro dei guardiani, che sono ben felici di rispondere.

“Se uno vuole davvero sapere quanto può essere duro lavorare sulle dighe, dovrebbe andarci durante i lunghi mesi invernali. Certi giorni i guardiani non escono nemmeno dalla porta di casa; per fare le misurazioni periodiche usano le gallerie sotto le dighe. Un guardiano deve essere in grado di affrontare la vita contando solo su sé stesso. E alle alte quote non è facile neppure dormire. È uno stress per il corpo e per la mente a cui nessuno vorrebbe essere esposto per così tanti giorni”, spiega Mairhofer. “Non tutti sono adatti e c’è stato chi dopo pochi mesi ha lasciato il lavoro”.

Ma torniamo alla routine di lavoro quotidiana in quota. Una volta arrivati in diga, si effettuano diverse misurazioni. Si misurano, ad esempio, le perdite d’acqua (nessuna diga ha infatti una tenuta del 100%), si controlla il livello dell’acqua, la pressione dell’acqua nei diversi punti, il movimento della diga. Le misurazioni vengono effettuate sia all’aperto che nelle gallerie che corrono all’interno degli impianti. A volte si utilizza un ascensore molto stretto per scendere di 60 metri fino al piede della diga per verificare, tra le altre cose, la funzionalità delle paratoie. Un’attenzione particolare è riservata al gruppo elettrogeno che, specialmente in inverno, permette di resistere nell’impervio ambiente montano in caso di interruzioni di corrente. Alcune misurazioni vanno effettuate quotidianamente, altre settimanalmente o mensilmente. Alcune si fanno solo in due, perché lassù si è tagliati fuori dal mondo e in caso di infortunio l’attesa dei soccorsi sarebbe lunga. “Ciascuno tiene d’occhio gli impianti e il proprio compagno, per la sicurezza di tutti”, spiegano i guardiani.

interni

A causa delle differenze di temperatura tra estate e inverno o del livello dell’acqua del lago nelle diverse stagioni, le dighe sono soggette a continui movimenti: si inclinano in avanti o si ritirano. “Finché i movimenti si mantengono entro determinati valori, si tratta di un fenomeno assolutamente normale”, chiarisce Oswald Mairhofer. “Ciascuno dei miei collaboratori conosce nel dettaglio la propria diga e l’ambiente circostante. Se notano la minima anomalia, fosse anche una piccola frana vicino alla diga, i loro campanelli d’allarme si attivano immediatamente. Seguono meticolosamente la situazione, confrontano le misure, si scambiano le informazioni e intervengono a seconda delle circostanze. È quindi importante avere una certa esperienza tecnica. Negli ultimi dieci anni c’è stato un ricambio totale all’interno della squadra, perché tutti i colleghi più anziani, tranne uno, sono andati in pensione. Ora è il turno di una squadra giovane. Tutti i guardiadighe hanno una formazione tecnica; non è solo utile ma quasi indispensabile per svolgere questo lavoro dalle mille sfaccettature. E poi hanno tutti familiarità con i sistemi informatici, il che facilita il compito”.

Diverse misurazioni sono automatizzate, altre manuali. La tecnologia da sola non è però in grado di sostituire l’occhio esperto di un professionista. Pertanto, anche le misurazioni automatizzate vengono periodicamente controllate manualmente dai guardiadighe e immesse poi nel sistema informatico. I guardiani confrontano quindi quotidianamente le misurazioni per assicurarsi che non ci siano difformità. Le persone, con il loro bagaglio di esperienza, non possono essere rimpiazzate dalle macchine.

Tutto è mantenuto in perfetto funzionamento e custodito con cura: le case dei guardiani e le dighe, le macchine e gli strumenti di lavoro, le funivie e le gallerie. 

“Ogni macchina, ogni compressore, tutto è sottoposto ad accurata manutenzione”, conferma Mairhofer. “Ovviamente facciamo tutto in modo assolutamente scrupoloso”, affermano i ragazzi. “Dopo tutto, noi e le nostre famiglie viviamo tutti qui sotto”. I 18 guardiani delle dighe abitano infatti tutti in valle. Ed è proprio questo radicamento con il luogo e la grande passione per il proprio lavoro che contraddistingue la squadra della Val d’Ultimo.

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